Nel film “La Ragazza delle Balene” la nonna della bambina vede e riconosce il limite di suo marito, che non riesce ad uscire dalla rigidità della sue convinzioni, a sentire, a mettere in discussione le abitudini di una tradizione dogmatica, un mito patriarcale e maschilista nel quale è invischiato, nonostante la vita lo inviti a farlo.
Lui non vuole vedere: davanti all’evidenza fa fatica ad accettare che non sia un maschio, ma una femmina, sua nipote, colei che potrà salvare il suo popolo. Si accanisce in tutti i modi per evitarlo, non lo riconosce.
Davanti alla cocciutaggine del marito, lei osserva, comprende che “non è pronto”.
Lei c’è. Vede senza essere vista. Rispetta il ritmo, il tempo. Sa aspettare.
Non reagisce con la rabbia e la ragione di un’ingiustizia. Non si accanisce perché lui riconosca, non forza nulla. Non cerca di cambiarlo, di fargli capire o di portarlo a vedere delle cose, di trasmettergli le sue conoscenze, o la verità.
Attende, come sa fare la terra, che veramente, sa. Ha dentro fiducia e forza incrollabili. La comprensione, l’accettazione, la morbidezza.
Non si sposta fuori da sé, sa stare con il vuoto e con il silenzio; lei è, questo vuoto e questo silenzio: è la profondità dell’attesa.
Sa che tutto procede secondo il suo ritmo, secondo una legge di natura, ne è testimone. Ed è al servizio.
L’abissale ripetuto.
Se sei verace hai riuscita nel cuore,
e ciò che fai incontra successo.
I-Ching, L’Abissale
La profonda saggezza che emana da lei è un esempio di Donna.
Una donna che non urla, che non impreca, che non pretende gli altri capiscano o cambino e che non elargisce insegnamenti. Una donna che sa stare con il limite, senza volerlo spaccare o distruggere.
Una donna in contatto con il dolore della terra, con il suo profondo amore.
Come ha fatto ad arrivare a questo? Ad essere seduta in sé, nel suo corpo, nelle sue rughe, senza ansia, senza apprensione?
Come ha fatto a non essere irretita, a non combattere o lottare con questo limite? Come ha fatto ad essere nella resa, a stare, ad accogliere, senza sforzarsi?
Quell’uomo, poi, è arrivato. Ha compreso la lezione nel profondo, attraverso l’esperienza.
Lei non gli ha detto: “Hai visto? Te l’avevo detto!”.
Lui ha potuto sciogliere il suo cuore, piangere le sue lacrime e la sua incomprensione, lasciar cadere la sua ragione, la sua rigidità.
Lei, centro di consapevolezza silenzioso, in se stessa, vedendo, riconoscendo, osservando, è rimasta nella pace senza sforzo ne conflitto. La sua consapevolezza senza parole o spiegazioni non ha avuto bisogno di urlare per essere vista.
Nessuna invasione, nessuna pretesa, nessuna richiesta.
Il suo rispetto non è stata un’esigenza etica: è un rispetto radicato nelle profondità; rispetto per i tempi, i processi, per il dispiegarsi della vita.
Lei, non uscendo da sé, è rimasta nel ritmo. Maestra.
L’acqua dà l’esempio..
Essa continua a scorrere e riempie tutti i punti che tocca;
non rifugge da nessun punto pericoloso, da nessuna caduta,
e non perde per nessun motivo la sua natura essenziale.
Rimane fedele a se stessa in qualunque condizione.
I-Ching, L’Abissale
In questo mondo impuntato nel gioco della ragione, la donna, ha in sé una saggezza antica, da riscoprire.
La ha nelle viscere, nel grembo.
Può comprendere l’uomo nel profondo, perché lei lo dà alla luce.
Ha la capacità di vedere, la forza dell’intuizione. Può decodificare le situazioni e i vissuti, li riconosce, sa che cosa sono. Può prevedere l’evolversi delle cose senza accanirsi per arrivare in fondo.
Entrando nel gioco della ragione, la donna si umilia, umiliando il valore della saggezza, che non può in questo modo essere un dono per la terra, la famiglia, la comunità.
Essa è un dono da custodire, da non disperdere inutilmente.
Nel gioco della ragione la donna si abbassa, perde la dignità, si invischia in accuse e pretese e si scontra con quei muri che cerca di abbattere. Ed è così che si sente frustrata.
Tornare a fare come l’acqua, che scorre ed abbraccia tutti gli ostacoli, senza fermare il suo andare.
Stare nell’ombra con la sua luce interiore.
Sedersi nello spazio in cui osservo, vedo, riconosco. Quel centro di consapevolezza silenzioso in cui tutto fluisce. Senza bisogno di spiegare, insegnare, adoperarsi perché l’altro capisca, e cambi. Un luogo di forza e di bellezza.
La scommessa della donna: un percorso che insegna ad arrivare a questo stato, a custodirlo e a difenderlo. Un percorso fatto di “no”, di rifiuti, di aggressioni dall’esterno, da quell’altro che si vuole cambiare e che proprio in questo modo non cambia.
Muri contro i quali la donna continua a sbattere, fino a che non impara, fino a che non si siede in sé.
E fa come Maria, che “conservava tutte queste cose nel suo cuore”.
Il mondo ha bisogno di questo antico femminile.
Di tornare a quella saggezza, alla capacità di “stare in me con me”, qualsiasi cosa accada.
Di tornare alla fiducia nella Visione.
Mi hanno già conferito il potere che regge il mio destino
nulla stringo, così non avrò nulla da difendere.
Non ho pensieri, così potrò vedere.
Non temo nulla, così ricorderò me stesso.
Castaneda, Il dono dell’Aquila
Erica Aletheia